Attenuare i dolori mestruali con i rimedi naturali

Di Valentina Ambrosetti
Wall Street

 Si chiama Artemisia  ed é  una pianta perenne della famiglia delle Asteraceae, utilizzata per le sue proprietà digestive, antibatteriche e per stimolare l’inizio delle mestruazioni o alleviare i dolori mestruali.

Le specie più conosciute, oltre all’Artemisia annua, sono l’Artemisia vulgaris, usata per fare rimedi naturali contro i dolori di stomaco, e l’Artemisia absinthium, usata nella produzione dell’assenzio. Per questi motivi è un ottimo rimedio contro la tosse, ha un effetto espettorante e aiuta anche con la febbre alta. Inoltre questa pianta può essere un valido aiuto per le donne per la presenza dei flavonoidi contenuti nella pianta.

Regola infatti il ​​ciclo mestruale ed è consigliato anche per contrastare i fastidiosi crampi mestruali. Sembra avere un effetto benefico anche nei casi di digestione difficile, contrasta i gas intestinali e il gonfiore, ed è ottimo anche per alleviare coliche e dolori addominali.

Studi recenti hanno anche rivelato la presenza di antiossidanti che combattono lo stress ossidativo nelle cellule. È anche utile per combattere le infezioni fungine o batteriche.

Infine, nella medicina popolare cinese, l’assenzio ha anche proprietà diuretiche, favorisce il sonno e aiuta negli stati di ansia o stress. Tuttavia, in medicina omeopatica è anche un rimedio per crampi e dermatosi. L’assenzio è tornato di recente quando uno studio dell’Università della California ha dimostrato che l’artemisinina, il principio attivo della pianta, può interferire con la distruzione delle cellule tumorali. Considerato il clamore suscitato da questo annuncio, nel 2015 l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha espresso il proprio parere, confermando che le sperimentazioni sinora effettuate mostrano l’effetto positivo del principio attivo.

In effetti, l’artemisinina sembra essere “tossica” per le cellule tumorali, ma è stato anche notato che si tratta di studi preliminari in vitro che finora non possono confermare lo stesso risultato nell’uomo.

“Una goccia di speranza”, come l’ha definita Marco Pierotti, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano.

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