Contratto a tempo determinato, cosa è cambiato nel 2023 per durata e rinnovo

Di Redazione FinanzaNews24 3 minuti di lettura
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(Money.it) Il contratto a tempo determinato è assai utilizzato in Italia e l’ottica del recente decreto Lavoro è anche quella di non sfavorirne il ricorso, attraverso un’apertura ad una maggiore flessibilità. Quest’ultima è infatti in qualche modo ’fisiologica’ rispetto ad un modo di fare impresa coerente con le oscillazione cicliche del mondo del lavoro.

Al contempo però la disciplina di cui al decreto Lavoro convertito in legge mira ad un equilibrato contenimento dell’uso del contratto a termine, permettendone il controllo della sua applicazione, ma anche assecondando la preoccupazione di impedirne una sproporzionata diffusione.

In Gazzetta Ufficiale dello scorso 3 luglio la pubblicazione della legge di conversione del decreto Lavoro (D.L. 4 maggio 2023 n, 48). Il provvedimento è in vigore dal giorno posteriore alla pubblicazione, ovvero il 4 luglio.

Con il recente provvedimento del Governo importanti aggiornamenti riguardano il contratto a tempo determinato e questo perché il decreto Lavoro – nella prima versione – già conteneva regole nuove sulla disciplina dei contratti a termine e collegate causali. Dette regole sono state estese altresì ai rinnovi dal testo convertito in legge. Vediamo allora un po’ più da vicino quali sono le maggiori novità in proposito.

Contratto a tempo determinato: il contesto di riferimento

Fugando il campo da possibili dubbi, ricordiamo che il contratto a tempo determinato, o anche contratto a termine, altro non che un contratto di lavoro subordinato con una durata predeterminata per l’introduzione di un termine – vale a dire un giorno superato il quale il rapporto di lavoro si intende concluso.

La forma ordinaria del rapporto di lavoro dipendente rimane il contratto a tempo indeterminato, perciò l’apposizione di un termine deve essere correlata al rispetto di determinate condizioni. In primis l’apposizione del termine è priva di efficacia se non emerge da atto scritto, tranne per i rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni – così specifica peraltro il sito ufficiale del Ministero del Lavoro.

La legge inoltre indica in generale che i contratti di questo tipo sono ammessi:

  • a patto che non vi siano espressi divieti, e salvo specifici limiti quantitativi e di durata;
  • in linea generale fino ad un massimo di 12 mesi (e non oltre i 24), salvo ricorrano specifiche causali.

Fino al varo del recente decreto Lavoro, le causali si riferivano ad esigenze tempo


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