Dopo Unicredit tocca a Intesa Sanpaolo-UBI: il caro prezzo che pagano i lavoratori

Di Redazione FinanzaNews24 4 minuti di lettura
Wall Street

Un’operazione a sorpresa quella di Intesa Sanpaolo, che ha deciso, senza alcun preavviso e spiazzando gli operatori bancari, di lanciare un’OPS su UBI Banca del valore di 4,86 miliardi di euro.

L’offerta non è stata concordata e valorizza UBI 4,86 miliardi di euro, con un premio del 27,6% rispetto ai valori di Borsa di venerdì scorso: per ogni 10 azioni UBI portate in adesione saranno corrisposte 17 azioni Intesa Sanpaolo di nuova emissione.

Perché Intesa Sanpaolo ha scelto UBI

“Vi abbiamo sorpreso lanciando un’offerta su UBI, è vero, ma era un’opportunità unica per creare una realtà europea ancora più forte. Un’operazione davvero storica per il nostro gruppo” ha commentato l’ad di Intesa Sanpaolo Carlo Messina. L’Ops partirà a fine giugno 2020.

La scelta – ha detto – è caduta su UBI perché “è una banca solida, ben gestita, una piccola Intesa Sanpaolo”. Poi ha aggiunto che il rischio di esecuzione dell’operazione è “basso” e che i modelli di business e valori condivisi faciliteranno l’integrazione, e l’operazione “non avrà alcun costo per gli azionisti”.

“L’offerta non è amichevole nel senso tecnico del termine, ma non c’era modo di fare questa operazione in modo diverso”, ha spiegato Messina, auspicando una risposta positiva del management di UBI e mettendo in luce le qualità dell’ad Victor Massiah e della presidente Letizia Moratti.

Intesa Sanpaolo, la banca dei record

Intesa Sanpaolo è il maggiore gruppo bancario in Italia, con 11,8 milioni di clienti e circa 3.800 filiali. L’anno scorso ha fornito circa 58 miliardi di euro di nuovo credito a medio-lungo termine.

Circa 48 miliardi sono stati erogati in Italia, di cui circa 38 miliardi a famiglie e piccole e medie imprese. Una cassaforte, potremmo dire, che nel 2019 ha registrato un utile netto di 4,2 miliardi di euro.

Cosa succederà ai dipendenti

Ma cosa cambia per i tantissimi dipendenti di UBI? Il piano di Ubi, durato appena qualche ora, aveva previsto 2mila esuberi, inclusi i circa 300 dipendenti dell’accordo sindacale del dicembre 2019, la chiusura di ben 175 filiali e una riduzione degli sportelli full cash del 35%.

Con la fusione di UBI e Intesa il benchmark dei sindacati per i piani industriali è invece di un’assunzione ogni due uscite. Di fronte alla fusioni si innescano, inevitabilmente, sovrapposizioni che quasi sempre generano altri esuberi. Tradotto, considerando anche i tagli in UniCredit, tutto ciò significa che dopo la fusione Intesa-Ubi in pochi mesi ci sarebbero 11mila bancari in uscita. Una discreta ecatombe dal punto di vista del lavoro.

Tuttavia, Messina ha assicurato che “il piano crea valore per tutti” e infatti sono in molti a reagire positivamente. L‘operazione Intesa Sanpaolo-Ubi porterà anche a 2.500 ingressi di giovani nel nuovo gruppo, grazie a un progetto per promuovere il cambio generazionale e sostenere l’occupazione. La manovra sarebbe sostenuta attraverso il Fondo per l’occupazione che viene alimentato dai bancari stessi, con una dote decisamente imponente.

Il piano dei sindacati bancari per rilanciare il lavoro

Proprio per prepararsi alla situazione drammatica generalizzata che si stava delineando, i sindacati bancari, con in testa la Fabi, avevano proposto un progetto per il rilancio dell’occupazione in banca già a inizio anno, facendo seguito anche al rinnovo del contratto collettivo nazionale con Abi, avvenuto da poco.

Tra le grandi novità dell’accordo di Natale 2019 c’è stato il superamento del salario di ingresso per i giovani, che non entreranno più in banca con una busta paga depotenziata, ma piena. Unica, magra, consolazione.

Articolo originale di Quifinanza.it.

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