Emissioni di CO2: ecco come investe il fondo che le vuole evitare

Di Redazione FinanzaNews24 6 minuti di lettura

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Scope 1, scope 2, scope 3, scope 4. È sempre molto complicato per gli investitori capire gli investimenti ESG che si propongono di investire in società sulla base di determinati criteri ambientali, sociali e di buona governance aziendale. Gli scope da 1 a 4 citati all’inizio dell’articolo, in particolare, riguardano le emissioni di CO2 in atmosfera e servono a suddividerli in categorie a seconda che si tratti di emissioni prodotte da fonti controllate o di proprietà di un’azienda, derivanti dalla generazione e utilizzo dell’energia, provenienti dalla catena del valore dell’impresa ed emissioni di CO2 evitate grazie ai prodotti o ai servizi forniti dall’azienda. Su queste ultime si concentra il fondo azionario Global Climate Change di Franklin Templeton gestito da Tina Sadler, Herbert J. Arnett jr e Craig Cameron. A quest’ultimo Borsa&Finanza ha chiesto di spiegare cosa sono le emissioni Scope 4 e come funziona il fondo.

Cosa significa investire con obiettivo Scope 4?

“Significa investire in società i cui prodotti o servizi contribuiscono a evitare le emissioni di gas serra. Finora ci si è molto concentrati sulla riduzione delle emissioni prodotte lungo tutta la catena del valore di un’impresa (Scope 1, 2 e 3 ndr). Sebbene queste siano importantissime, ridurre le emissioni Scope 4 è ancora più rilevante in termini di decarbonizzazione. Il Global Climate Change è un fondo azionario che investe in azioni di società che offrono prodotti o servizi che permettono di aiutare nella decarbonizzazione”.

Craig Cameron, portfolio manager Templeton Global Climate Change

Qualche esempio per capire meglio?

“Prendiamo Albemarle, una società statunitense leader nell’estrazione di litio. L’estrazione del litio è un processo ad alta intensità di emissioni di CO2. Tuttavia la decarbonizzazione dell’economia passa per l’adozione dell’energia elettrica. In molteplici ambiti, non solo nel settore auto. Per elettrificare l’industria globale sono necessarie batterie e quindi è necessario il litio. Il fatto che il processo produttivo di Albemarle sia inquinante non vuole dire che la società non stia aiutando nel percorso verso la decarbonizzazione. Questo non significa che gli altri obiettivi di riduzione delle emissioni non siano importanti. Li consideriamo nel nostro processo di investimento ma diamo un’importanza primaria alla capacità di evitare le emissioni inquinanti. Un altro esempio è Prysmian. I cavi di Prysmian sono la connessione delle reti di energia solare ed eolica e dunque contribuiscono a ridurre le emissioni di CO2. A ciò si aggiunga che l’efficienza del prodotto continua ad aumentare”.

Nel vostro portafoglio però è presente anche BMW che produce veicoli. Come mai?

“Il 60% del fondo è investito in ‘solution companies’, quelle che ho appena descritto. Il restante 40% è dedicato alle “transitioning companies”, ossia quelle società che stanno facendo un percorso verso una produzione green. BMW sta rapidamente spostando la sua produzione dalle automobili tradizionali alle elettriche e riteniamo che in 3-5 anni la maggior parte della sua produzione sarà di electric vehciles. Quindi, oltre a rientrare nei parametri per essere inclusa nel nostro fondo, riteniamo che l’azione BMW verrà riprezzata al rialzo dal mercato nel prossimo futuro. Oggi gli investimenti “green” di BMW sono già al 35% del totale”.

Oggi il mercato è pieno di fondi di investimento ESG, sostenibili, attenti al cambiamento climatico. Spesso però i portafogli sono molto simili e contengono le stesse big tech in cui tanti altri investono. C’è qualcosa differenzia il vostro fondo dagli altri?

“Quando abbiamo lanciato il fondo Global Climate Change nel 2018 come rivisitazione di una strategia preesistente, abbiamo voluto creare uno strumento molto attivo e non troppo concentrato su alcune azioni. Per tal motivo il nostro portafoglio di investimento si discosta notevolmente da quello del benchmark e dei fondi comparabili. Ovviamente investiamo anche nelle big tech, come Apple o Amazon, che pensiamo stiano contribuendo a decarbonizzare la nostra società. Tuttavia la nostra esposizione al settore tecnologico è sensibilmente inferiore a quella del benchmark. Questo ha anche una conseguenza sull’esposizione geografica. Molti fondi sono sbilanciati sugli Stati Uniti anche in virtù della presenza delle società tecnologiche dominanti. Il Global Climate Change è investito per oltre il 40% in azioni europee mentre gli Stati Uniti pesano meno del 30% (dati al 31 agosto 2023) contro il 67% medio del benchmark (l’indice MSCI All Country World ndr)”.

Dunque siete sottopesati sugli Stati Uniti e sovrappesati sull’


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