I recenti dati dell’Istat sull’occupazione giovanile in Italia sono allarmanti

Di Barbara Molisano 2 minuti di lettura
ISTAT

Il tasso di occupazione giovanile in Italia scende sotto il 40% e la fotografia del mondo del lavoro in Italia è allarmante.

A causa del calo del tasso di disoccupazione (8,3%) dovuto al fatto che oltre 600mila persone non sono più in cerca di lavoro, si riducono notevolmente i posti di lavoro, ma anche il numero di ore lavorate. Inoltre, i titolari di un contratto a tempo determinato rimangono disoccupati.

L’Istat spiega come il calo sia dovuto all’aumento dell’inattività dovuta all’emergenza epidemiologica per Covid-19 e quarantena. La disoccupazione è salita a 2.057.000. Il numero di persone inattive di età compresa tra i 15 ei 64 anni è aumentato di 5,5 punti percentuali rispetto al primo trimestre e di 10 punti rispetto al trimestre precedente, a 14.183.000.

Hanno perso il lavoro anche i dipendenti con contratto per un periodo non superiore a 6 mesi. Inoltre, non ci sono state nuove assunzioni a tempo determinato o stagionali. Il numero di dipendenti che dichiarano di aver iniziato a lavorare nei primi sei mesi dell’anno, è di oltre 400.000 in meno rispetto allo stesso periodo del 2019.

Istat: i dati sono davvero allarmanti

Il numero dei dipendenti è diminuito di 470.000 rispetto al primo trimestre e di 841.000 rispetto al secondo trimestre 2019. La riduzione è principalmente dovuta alla riduzione del numero di lavoratori dipendenti e autonomi, nonché al divieto di cassa integrazione imposto dal governo. Il tasso di occupazione tra i 15 ei 64 anni scende al 57,6%.

La diminuzione del tasso di disoccupazione è maggiore al sud e al centro rispetto al nord ed è associata ad un aumento più intenso del livello di inerzia nelle regioni meridionali e centrali.

Tra le donne, il tasso di occupazione e il tasso di disoccupazione sta calando più fortemente, insieme a un maggiore aumento dell’inazione.

Particolarmente elevato il divario nel livello di inattività: dal 18,1% dei laureati al 32,0% dei laureati e al 52,0% per le persone con basso livello di istruzione.

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