Maternità e discriminazione sul lavoro: il fenomeno esiste ancora

Di Valentina Ambrosetti

I dati Istat confermano il calo demografico: nel 2021 il numero dei neonati è sceso per la prima volta sotto i 400mila. Inoltre il mondo del lavoro non fa nulla per andare incontro  alle donne che vogliono essere madri, soprattutto nel Belpaese

I dati parlano chiaro: nel Belpaese nascono sempre meno bambini e il 2021 è stato l’anno in cui le nascite hanno raggiunto un nuovo record negativo, segno che oggi la maternità è vista come un ostacolo più che come una ricchezza. La pandemia di coronavirus ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale in questa tendenza. I numeri alla mano e, come spiega anche l’Istat, il deficit di natalità di gennaio 2021, uno dei più grandi mai registrati, non lasciano dubbi sul ruolo che ha avuto l’epidemia.
“Il calo delle nascite tra dicembre 2020 e febbraio 2021, in termini di incapacità a concepire durante la prima ondata di pandemia, è sintomatico di un ritardo nei piani genitoriali che è durato più marcatamente nei primi sette mesi e poi ha rallentato verso il fine anno. Il rinvio del parto è particolarmente importante tra le giovani donne”.

Inoltre, ha evidenziato le difficoltà che le donne affrontano quotidianamente nel conciliare carriera e famiglia, dato che l’onere ricade quasi interamente sulle loro spalle e che, nella stragrande maggioranza dei casi, la società moderna rende incompatibili lavoro e vita. maternità. Se è proprio vero che cresce il numero delle donne che hanno scelto consapevolmente di rinunciare ai propri figli e che difendono questa scelta a dispetto di giudizi e pregiudizi, allora molte di loro vogliono essere madri, ma affrontano tutti gli ostacoli che si presentano. una società fortemente sessista e patriarcale. D’altra parte, ciò non sorprende, considerando quante lavoratrici hanno paura di annunciare la propria gravidanza al datore di lavoro, sentendone le conseguenze, e quante altre sono costrette ad ammettere che diventare mamma significa quasi sempre rinunciare alla propria carriera.

Quando si aggiungono al calderone stipendi più bassi rispetto agli uomini, contratti che hanno pochissime garanzie in merito alla maternità e enormi obblighi -aggravati dalla pandemia, tra lockdown e chiusure scolastiche- di prendersi cura della casa e dei bambini, una fascia demografica che non può sorpresa. Devono però fungere da punto di partenza e stimolo per adottare strumenti e strategie capaci di cambiare lo status quo, in cui anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha evidenziato: “Dopo aver scoperto che una madre italiana su cinque, due anni dopo la nascita di un figlio, decidere di lasciare il lavoro è una sconfitta per l’intera società italiana, che sta lottando contro un grave calo demografico. La crescita del ruolo delle donne è condizione per lo sviluppo del nostro paese”.

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