(Money.it) Il petrolio, con un prezzo stimato al rialzo, può essere la miccia esplosiva di una crisi economica ancora più grave e prolungata di quella attuale.
Questa la valutazione di alcuni analisti dopo la mossa a sorpresa dell’OPEC con il taglio di produzione del greggio che ha fatto schizzare le quotazioni e rispolverato le previsioni di 100 dollari al barile.
La decisione del cartello, con i potenti sauditi a guidare la scelta e a pilotare uno dei mercati più importanti e influenti al mondo, quello del petrolio, può avere conseguenze rilevanti: in gioco ci sono inflazione, tassi di interesse delle banche centrali, recessione, tensioni geopolitiche con Usa e Russia ancora protagoniste.
Il petrolio, e la strategia OPEC, possono impattare sulla crisi economica e finanziaria già in corso. Cosa può accadere e perché le tensioni mondiali si stanno esacerbando.
Il petrolio può peggiorare la crisi mondiale: i motivi
L’OPEC ha scioccato il mercato petrolifero impegnandosi a tagliare ancora di più l’offerta di greggio, evidenziando di voler sostenere i prezzi del petrolio nonostante le vorticose preoccupazioni per la salute dell’economia globale.
La sorpresa del cartello è stata un “momento di spartiacque”, ha affermato sul Financial Times Greg Priddy, consulente presso la Spout Run Advisory, con un significato economico e politico al di là dei mercati petroliferi.
Una maggiore pressione al rialzo sui prezzi del petrolio – proprio quando i costi dell’energia hanno iniziato a diminuire nelle economie occidentali – complicherà infatti gli sforzi delle banche centrali per raffreddare l’inflazione, dicono gli analisti, mettendo la Federal Reserve americana contro il cartello.
E se il gruppo di produttori riuscirà a mantenere i prezzi del petrolio più alti più a lungo, potrebbe anche compromettere gli sforzi dei paesi occidentali per limitare il flusso di petrodollari nella cassa di guerra del Cremlino.
Soprattutto, gli ultimi tagli rivelano ancora più volatilità nella geopolitica dell’energia. In un’era che molti strateghi credevano sarebbe stata segnata dal calo della domanda di petrolio e dal ritiro di petrostati come l’Arabia Saudita e la Russia, il potere sta invece tornando a Riyadh.
Dinanzi a un’offerta che si restringe, la soglia dei 100 dollari al barile è tornata plausibile. Adi Imsirovic dell’Oxford Institute for Energy Studies (OIES), che una volta gestiva il commercio di petrolio alla russa Gazprom, ha commentato sul FT:
“Abbiamo un’inflazione elevata, economie potenzialmente in recessione, e questa è una situazione in cui è necessario abbassare i prezzi del petrolio per un breve periodo
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