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Nella storia del Lecco c’è già un posto per Paolo e Cristian Di Nunno: padre e figlio, proprietari della squadra di calcio del capoluogo lombardo, hanno riportato la città del ferro in Serie B dopo 50 anni. Ormai sembravano un’era geologica fa quei tre campionati di A tra il 1959 e il 1966, nel periodo di massimo splendore della matricola del presidentissimo Mario Ceppi. I Di Nunno hanno trascinato i tifosi blucelesti a respirare aria di calcio che conta sotto il Resegone. Ma chi è questa coppia scatenata e da dove arriva il loro patrimonio?
Paolo e Cristian Di Nunno: chi sono padre e figlio
Imprenditore pugliese (di Canosa) con attività in Brianza da oltre trent’anni e già patron del Seregno come il suo predecessore Daniele Bizzozero, Paolo Di Nunno è il re delle slot machine con la sua Elettronica Video Games. EVG comincia l’attività con i videogiochi (con il boom delle sale giochi negli anni Ottanta e Novanta porta in Italia marchi importanti come Konami e Gaelco) e nel 2004 passa alle slot con l’introduzione della regolamentazione pubblica sul gioco d’azzardo.
Cristian Di Nunno è uno dei figli di Paolo e il suo braccio destro al Lecco. Lavora come ingegnere software nell’azienda di famiglia, ma dal 2019 è presidente al posto del padre, rimasto in organigramma come amministratore delegato. A 18 anni, eguaglia il record di Alessandro Ruggeri, il più giovane presidente tra i professionisti con l’Atalanta nel 2008. Alla vicepresidenza operativa c’è il fratello Gino Di Nunno.
Il cambio in corsa è dovuto anche all’animo focoso di Paolo (i tifosi ricordano le sfuriate nelle sfide in D con i rivali della Pro Patria e il video di Lecco-Pordenone in cui entra in campo in carrozzina elettrica per protestare con l’arbitro per un rigore assegnato contro la sua squadra) e alle sue condizioni di salute.
Di Nunno senior deve affrontare problemi a cuore e polmoni. Dopo la frattura dell’omero rimediata in azienda a Cormano in seguito a una caduta, a causa di un batterio il patron è finito ricoverato in terapia intensiva all’ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano. Dimesso da cardiologia in condizioni stabili, è tornato a casa in concomitanza dell’importante vittoria esterna dei blucelesti a Palermo.
Paolo Di Nunno, il fatturato della sua azienda
Il Lecco è una S.r.l. che fa capo alla Elettronica Video Games, con Di Nunno socio unico al 100%. Arrivata alla terza generazione familiare, l’azienda conta un numero ristretto di dipendenti e nel 2022 ha iscritto a bilancio un fatturato di 1.346.009 euro, in crescita rispetto ai 655.913 euro del 2021. In Lombardia e in tutta Italia EVG si conferma da anni tra le più importanti private company nel settore della produzione di apparecchi e schede di slot machine.
Il futuro è rappresentato dall’iGaming: per sviluppare il settore dei giochi online, Elettronica Video Games ha speso tre anni in investimenti e ricerca. I prodotti EVGames si basano sull’omnicanalità e rilanciano la partneship con i taiwanesi di IGS (International Games System), storica realtà di hardware e software arcade e operatore di giochi online.
Da quanto tempo gravita nel calcio
Il Lecco non è la prima esperienza di Paolo Di Nunno nel mondo del calcio. Dal 1983 al 1986, l’imprenditore è presidente del Canosa. Con la squadra rossoblu disputa due campionati di Interregionale e uno di Promozione prima di cedere la società a Pasquale Malcangio. Tempo dopo, quando ormai è milanese d’adozione, si vocifera di un suo interessamento per il Como, finito invece a Sent Entertainment.
L’arrivo a Lecco è datato 12 giugno 2017. Ma prima di approdare nella città dei Promessi sposi, Di Nunno è presidente del Seregno per quattro anni, dal 2013 al 2017. È un periodo di dura Serie D, chiuso mollando la proprietà a Carmine Castella che a sua volta la passerà a Davide Erba, l’uomo del ritorno tra i professionisti prima del tracollo degli ultimi tempi, con la retrocessione e la mancata iscrizione in Eccellenza.
Quanto hanno investito nel Lecco
Di Nunno è l’unica persona che nel 2017 presenta un’offerta alla seconda asta fissata dal Tribunale di Lecco dopo il fallimento del club nel 2016 e il primo incanto andato deserto. L’imprenditore rileva le quote di maggioranza passando dagli uffici giudiziari con un’offerta da 35.000 euro (25.000 di caparra e 10.000 di saldo) e facendosi carico di 185.000 euro di debiti sportivi.
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